Pagine

domenica 26 ottobre 2014

IMMANUEL KANT - Critica della ragion pratica

CRITICA DELLA RAGION PRATICA

-    Da cosa nasce
» la ragione serve a dirigere non solo la conoscenza (ragione teoretica) ma anche l’azione (ragione pratica)
» Kant distingue la ragione pratica in:
1.      ragion pura pratica » opera indipendentemente dall’esperienza e dalla sensibilità
» con questa si identifica la dimensione della moralità (pura = morale)
» non è una critica della ragione pura pratica, perché la ragione pratica non ha bisogno di essere  
   criticata nella sua parte pura, perché in questa la ragione si comporta in modo perfettamente
   legittimo (la ragione teoretica ne ha bisogno perché tende a varcare i limiti dell’esperienza)
» non deve essere criticata ma solo illustrata » ma non è priva di limiti
» il mondo morale non ubbidisce alle stesser restrizioni del mondo della conoscenza perché la
   ragione morale non deve sottostare ai fenomeni ma la ragione morale è pur sempre la ragione   
   dell’uomo, che è un essere finito e condizionato » non restaura l’assolutezza della metafisica
» condizionamento = resistenza della natura sensibile dell’uomo alla ragione morale
2.      ragione empirica pratica » opera sulla base dell’esperienza e della sensibilità
» empirica = non pura = non morale
» nella Critica della ragion pura Kant critica le pretese della ragione teoretica di trascendere
   l’esperienza, nella Critica della ragion pratica critica le pretese opposte della ragione pratica di
   restar legata sempre e solo all’esperienza, critica quindi la ragione empirica pratica

-    Esistenza e caratteristiche della legge morale
» esiste, scolpita nell’uomo, una legge morale (esistenza non inventata da Kant ma constatata » no dubbi)
» caratteristiche della legge morale:
1.      se esiste deve essere assoluta
» cioè incondizionata dalle inclinazioni sensibili soggettive, da ogni impulso contingente
2.      se è incondizionata è a priori, cioè presuppone una ragion pratica pura
3.      è caratterizzata dalla libertà d’agire
» se è assoluta e incondizionata, implica la libertà dell’uomo dalla condizione del sensibile
» l’esistenza della legge morale implica la possibilità dell’uomo di autodeterminarsi al di là della sua
   natura sensibile, al di là della sua appartenenza fisica al mondo del finito
» la libertà si configura quindi come il primo presupposto (o postulato) della vita etica
» la morale è libera non perché può prescindere dai condizionamenti istintuali ma perché è in grado
   di de-condizionarsi rispetto a essi
» la morale si gioca all’interno di una insopprimibile tensione bipolare tra ragione e sensibilità
» se l’uomo fosse esclusivamente sensibilità, non esisterebbe neanche la legge morale
» se l’uomo fosse pura ragione, la legge morale non avrebbe senso perché l’individuo vivrebbe già
   nella santità etica = in una situazione di perfetta adeguazione alla legge
4.      universale e necessaria = immutabile e uguale a se stessa in ogni tempo e in ogni luogo
» se è libera da ogni impulso contingente allora è libera dalla soggettività, quindi è oggettiva
» passaggi: moralità » incondizionatezza » libertà » universalità e necessità
» dal punto di vista logico: categoricità formalità e autonomia sono le caratteristiche della legge morale
-    Contro il fanatismo morale e la contrapposizione tra valori e fatti
» la bidimensionalità e dualismo in cui vive l’uomo fa sì che l’agire morale si concretizzi in una lotta
   permanente tra ragione e impulsi egoistici » tra legge morale e volontà non c’è una spontanea coincidenza
» per questo la legge morale si presenta all’uomo sottoforma di un imperativo = un comando che richiede
   di sacrificare le proprie inclinazioni sensibili, il proprio egoismo
» l’uomo, per la sua natura limitata e imperfetta può anche trasgredire l’imperativo morale
» nella Critica della ragion pura » polemica contro l’arroganza della ragione che vuole oltrepassare i limiti
» nella Critica della ragion pratica » polemica contro il fanatismo morale
» fanatismo » consiste nell’idea illusoria di poter superare i limiti della condotta umana
                    » vuole sostituire alla virtù (= intenzione morale in lotta) la presunzione della santità (=
                       possesso della perfezione etica) » pensa che nella virtù l’uomo già arrivi alla perfezione
» non mette in discussione la forza che, di fatto, gli impulsi istintivi possono esercitare sulla volontà
   umana, ma nega che tale forza possa essere considerata morale
» il sentimento e l’inclinazione al piacere, per il loro carattere soggettivo non possono essere posti alla base
   dell’etica, che deve avere un valore universale, valida per tutti e per sempre
» quella di Kant è un’etica prescrittiva o deontologica (dal greco dèon “dovere”) e non descrittiva: non
   concerne l’essere (= come di fatto gli uomini si comportano) ma il dover essere (= come gli uomini
   dovrebbero comportarsi) » non riguarda la materia (= il contenuto) del volere, ma la sua forma
» materia » oggetto la cui realtà sia desiderata
» forma » ciò per cui qualcosa diventa degno di essere voluto e desiderato, cioè diventa morale
            » indipendentemente dal fatto che esso sia empiricamente possibile cioè realizzabile
             » i fatti possono smentire la legge morale, ma ciò non toglie nulla alla sua validità
-    L’articolazione dell’opera


Analitica = analisi del dovere
-    I principi pratici


» categorici » la legge morale può risiedere solo in essi, perché deve essere incondizionata da ogni impulso  
                       sensibile soggettivo, e quindi anche dalla volontà del soggetto (esclude quindi gli ipotetici)
                    » sono gli unici indipendenti dalla persona, dall’obiettivo che ci si prefigge, dalla circostanza
                       in cui si agisce » totalmente incondizionato » ha tutte le caratteristiche della legge
                    » è un comando che vale in modo perentorio per tutte le persone e per tutte le circostanze
» la legge morale ha la forma di un imperativo categorico, ma quali sono i suoi contenuti?
1.      la prima formula
» se l’imperativo categorico è incondizionato, esso non richiede altro che il rispetto della legge
» consiste quindi nell’elevare a legge l’esigenza stessa di una legge
» infatti l’esigenza della ragione umana è la ragione stessa » la legge è già dentro la ragione umana
» poiché dire “legge” = dire “universalità” allora il contenuto dell’imperativo si concretizza nella
   prescrizione di agire secondo una massima che può valere per tutti

agisci in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere nello stesso tempo come principio di una legislazione universale.        (Critica della ragion pratica, A 54)

» l’imperativo categorico » si identifica quindi con la stessa ragione umana
                                         » prescrive di tener sempre presenti gli altri
                                         » ricorda che un comportamento è morale solo se supera il test
                                            dell’universalizzabilità = se la sua massima appare universale
» es: chi mente compie un’azione immorale perché se questa massima venisse universalizzata i
   rapporti diverrebbero impossibili, se tutti gli uomini mentissero sarebbe impossibile la vita
2.      la seconda formula

agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altrom sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo (Fondazione della metafisica dei costumi, BA 67)

» rispetta la dignità umana che è in te e negli altri e non ridurre il prossimo e te stesso a semplice
   mezzo del tuo egoismo  e delle tue passioni
» fine = in questo contesto è la caratteristica fondamentale della persona umana
           » il fine di ogni persona è essere scopo a se stessa
» la morale istituisce un “regno dei fini”, cioè una comunità ideale di libere persone che vivono
   secondo le leggi morali e si riconoscono dignità a vicenda
3.      la terza formula

agisci in modo tale che la volontà, in base alla massima, possa considerare contemporaneamente se stessa come universalmente legislatrice. (Fondazione della metafisica dei costumi, BA 76)

» ripete, in parte, la prima formula, ma puntualizza che la legge sottolinea l’autonomia della volontà
» evidenzia che il comando morale non deve essere un imperativo esterno e schiavizzante, ma il
   frutto spontaneo della volontà razionale che, essendo legge a se stessa, fa sì che noi non facciamo
   che obbedire a noi stessi » la volontà non è semplicemente sottoposta alla legge
» nel “regno dei fini” ognuno è suddito e legislatore al tempo stesso
-    Il carattere formale della legge morale
» la legge morale non ci dice che cosa dobbiamo fare ma come dobbiamo farlo
» questo carattere discende anch’esso dall’incondizionatezza e dalla libertà della legge morale
» se la legge morale non fosse formale ma materiale, cioè prescrivesse dei contenuti concreti, sarebbe
   vincolata ad essi perdendo la sua libertà e universalità (sarebbe ridotta ad uno schema di azioni)
» la legge morale è quindi un imperativo formale-universale che afferma: quando agisci tieni presenti gli
   altri e rispetta la dignità umana che è in te e nel prossimo
» sta poi ad ogni singolo individuo il compito di tradurre in concreto, nell’ambito delle varie circostanze e
   situazioni della vita, la parola della legge
» quindi il vero significato del formalismo della legge non è in una forma vuota di contenuti, ma nella
   scoperta dell’origine della moralità, fonte dei costumi morali dell’uomo nella sua intera storia
-    L’anti-utilitarismo
» le legge morale ha anche un carattere anti-utilitaristico
» se la legge morale ordinasse di agire in vista di un fine o di un’utilità
1.      si ridurrebbe ad un insieme di imperativi ipotetici e comprometterebbe la libertà dell’azione
» non sarebbe più la volontà a dare la legge a se stessa, ma gli oggetti a dare la legge alla volontà
2.      metterebbe in dubbio la propria universalità
» perché l’area degli scopi e degli interessi coincide con il campo della soggettività
» cuore della moralità kantiana = sforzo di attuare la legge della ragione solo per ossequio ad essa e non
   sotto la spinta di personali inclinazioni o in vista dei risultati che possono scaturirne
» nella prima formula dell’imperativo categorico c’è una contraddittorietà: sembra dire che per sapere se
   un’azione sia morale, dobbiamo immaginare che cosa accadrebbe se tutti agissero in quel modo, e questo
   non significa giudicare un’azione in base alle sue conseguenze, cioè in base a criteri utilitaristici?
» in realtà il test di Kant è di tipo logico-formale = volto non ad un’analisi delle conseguenze, ma ad una
   verifica della razionalità (o non contraddittorietà) della massima nel caso in cui sia universalizzata
-    Il rigorismo
» Kant esclude dal recinto dell’etica emozioni e sentimenti
» perché » essi possono sviare la volontà da un retto comportamento
               » anche quando collaborano con i precetti della morale ne inquinano la severa purezza
» per questo nemmeno la felicità può costituire il fine del dovere
» la moralità quindi consiste nel puro dovere-per-il-dovere
» riconosce il diritto ad un unico sentimento = il rispetto per la legge (che si configura come rispetto per sé)
» rispetto di sé sorge dalla capacità che l’uomo ha di umiliare la propria pulsione egoistica sottomettendosi
   alla legge morale » è l’unico sentimento morale, perché prodotto esclusivamente dalla ragione
» è un sentimento che nasce per disporre l’individuo all’obbedienza al puro dovere
-    Moralità e legalità
» perché un’azione sia morale non basta che essa sia esteriormente conforme al dovere
» occorre che sia compiuta con la sola intenzione di obbedire alla legge morale
» es: fare un’opera di beneficenza non è più azione morale nel momento in cui essa è compiuta per ottenere
   un vantaggio (= così vado in paradiso) o sulla base di un sentimento di filantropia, per quanto positivo
» su questo si fonda la distinzione tra
1.      legalità » concerne l’azione visibile (assolvere al dovere esteriore di pagare le tasse)
2.      moralità » concerne l’intenzione invisibile (pagare le tasse per puro dovere)
                     » implica una partecipazione interiore, altrimenti scade nell’autocompiacimento
                        » per questo non tutte le azioni legali sono anche morali
-    Il bene consiste nella volontà buona
» il bene consiste nel volere il bene, perché la morale concerne l’intenzione con cui si agisce
» “volontà buona” = indica l’intenzione della volontà di conformarsi alla legge morale
» la volontà buona è l’unica cosa incondizionatamente buona al mondo, perché tutti gli altri beni
   (intelligenza. coraggio) possono essere usati male » è bene in sé, non per conseguire altri beni
-    Il carattere noumenico della morale
» il dovere-per-il-dovere e la volontà buona innalzano l’uomo al di sopra del mondo sensibile (fenomenico)
   in cui vige il meccanicismo, e lo fanno partecipare del mondo noumenico in cui vige la libertà
» la vita morale è la costituzione di una natura sovrasensibile in cui la legge morale prevale sulla naturale
-    Il carattere noumenico nell’uomo
» l’uomo appartiene nello stesso tempo al mondo sensibile e al mondo intellegibile della noumenicità
» la noumenicità dell’uomo non significa però l’abbandono della sensibilità e l’eliminazione di ogni
   legame con il mondo sensibile
» dato che partecipa strutturalmente dei due mondi, non può accedere al mondo noumenico se non in virtù del mondo fenomenico » la noumenicità dell’uomo esiste solo in relaizone alla sua fenomenicità
-    La rivoluzione copernicana morale
» Kant pone il fondamento dell’etica nell’uomo e nella sua ragione, e non in qualcosa di esterno all’uomo
» compie lo stesso spostamento attuato in campo gnoseologico » uomo è legislatore anche nella morale
-    Critica delle leggi morali eteronome
» libertà » nel senso negativo è l’indipendenza della volontà dalle inclinazioni sensibili
              » nel senso positivo è la capacità di autodeterminarsi, per cui l’uomo è legislatore e suddito
» per questo Kant polemizza quei sistemi che pongono il fondamento del dovere in forze esterne all’uomo
   e che fanno scaturire la morale non dalla pura “forma” ma da principi “materiali”
» passa in rassegna le varie posizioni dei filosofi precedenti evidenziandone i limiti
» il limite in generale sta nel fatto di non riuscire a preservare l’incondizionatezza della legge morale

SOGGETTIVI
OGGETTIVI
esterni
interni
esterni
interni
educazione
(Montaigne)
governo civile (Mandeville)
sentimento fisico (Epicuro)
sentimento morale
(Hutcheson)
perfezione (Wolf, stoici)
volontà di Dio (teologici)

» contro i motivi soggettivi » se i motivi della morale risiedessero nell’educazione, nella società, nel
   piacere fisico o nel sentimento, l’azione non sarebbe più libera e universale. Potrebbero spiegare la
   presenza della moralità in alcuni uomini senza giustificare il carattere obbligatorio della morale
» contro i motivi oggettivi » se i motivi della morale risiedessero in un generico ideale di perfezione o di
   Dio, l’azione non sarebbe più libera e universale
1.      il concetto di perfezione è un’idea vuota, a meno che non si identifichi con la perfezione morale (santità), ma così si affermerebbe che la morale risiede nella morale (tautologia = ripetizione )
2.      l’idea di “volontà divina” risulta indeterminata
» o viene determinata sottobanco dicendo che Dio è la stessa perfezione morale » si cade nella stessa
   tautologia precedente, affermando che la morale consiste nel seguire la morale
» o viene determinata in modo volontaristico, dicendo che bisogna sottomettersi alla volontà
   onnipotente e superiore di Dio » così la morale cessa di essere libera e disinteressata perché
   l’obbedienza ad essa diventa » frutto di coercizione
                                                  » un calcolo dettato dal timore di una punizione
                                                  » un atto che si genera dalla speranza di premi futuri
» inoltre le varie religioni e filosofie possono interpretare in modo diverso la volontà divina,
   distruggendo così il carattere dell’universalità della legge morale
» Kant » si distingue dai precedenti sistemi morali del razionalismo e dell’empirismo
1.      contro il razionalismo » pur basando la morale sulla ragione, l’aveva fatta dipendere dalla metafisica
» es: Cartesio aveva dovuto ammettere l’esistenza di un Dio buono e garante della realtà
» Kant: la morale si basa solo sull’uomo, non dipende da preesistenti conoscenze metafisiche
2.      contro l’empirismo » pur sganciando la morale dalla metafisica, l’aveva connessa al sentimento
» es: la simpatia di Hume
» Kant: la morale si fonda unicamente sulla ragione, perché il sentimento, seppur quando buono e
   nobile, risulta qualcosa di troppo fragile e soggettivo per essere base della legge morale
-    Il paradosso della ragion pratica
» non sono i concetti di bene e di male a fondare la legge morale, ma è la legge morale a fondare i concetti
   di bene e di male » Kant rovescia il punto di vista

Dialettica = analisi del sommo bene (l’assoluto morale)
-    Il sommo bene
» ripresa » la felicità non si può erigere a motivo del sommo bene perché renderebbe la legge condizionata
               » la virtù non è ancora quel sommo bene a cui tende irresistibilmente la nostra natura
» ciò a cui tende la natura dell’uomo è l’unione di virtù e di felicità
» Kant introducendo il concetto di sommo bene non contraddice il carattere disinteressato della legge
   morale, perché non fa della felicità il motivo dell’azione morale, ma constata che c’è nell’uomo il
   bisogno di pensare che pur agendo per puro dovere, si renda anche degno di felicità
-    L’antinomia della ragion pratica
» se l’uomo tende all’unione di virtù e felicità, non potrà mai compiere il suo ideale in questo mondo
» in questo mondo, lo sforzo di essere virtuosi e la ricerca della felicità sono due azioni distinte, anzi
   opposte » l’imperativo etico implica la sottomissione delle tendenze naturali e dell’egoismo
                » la felicità si persegue invece attraverso la sequela delle tendenze naturali
» virtù e felicità costituiscono l’antinomia etica per eccellenza
» Kant evidenzia come i filosofi greci hanno tentato di sciogliere questa antinomia
1.      stoici » risolvono la felicità nella virtù
2.      epicurei » risolvono la virtù nella felicità
» l’unico modo per uscire da questa antinomia è postulare un mondo dell’aldilà in cui possa realizzarsi ciò
   che in questo mondo risulta impossibile, cioè l’equazione “virtù = felicità”
-    I postulati etici
» Kant trae il termine “postulato” dal linguaggio della matematica  classica
» assiomi = verità fornite di auto-evidenza
» postulati = principi che, pur indimostrabili, vengono accolti per rendere possibile determinate verità
» per Kant = proposizioni non dimostrabili ma che sono condizione dell’esistenza e della pensabilità della
   legge morale, sono quelle esigenze della morale ammesse per rendere possibile la realtà della morale
» non sono dogmi teoretici, ma presupposizioni necessarie dal punto di vista pratico
1.      l’immortalità dell’anima (postulato religioso)
» solo la santità etica rende degni del sommo bene
» la santità non è mai realizzabile nel nostro mondo
» si deve ammettere che l’uomo, oltre il tempo finito della sua esistenza sulla terra, possa disporre di
   un’altra zona del reale, infinita, di un tempo illimitato in cui progredire fino alla santità
» si deve presupporre quindi che ci sia nell’uomo una parte infinita, che è l’anima
» sintesi: la realizzazione della 1° condizione del sommo bene (=santità) implica un’anima immortale
2.      l’esistenza di Dio (postulato religioso)
» la realizzazione della seconda condizione del sommo bene (=felicità) implica l’esistenza di Dio
» Dio = volontà santa e onnipotente che faccia corrispondere la felicità alla virtù
3.      la libertà
» è la condizione stessa dell’etica
» nel momento in cui la legge morale prescrive il dovere, presuppone che si possa agire o meno in
   conformità ad esso » l’uomo è libero di non seguire il dovere contenuto nella legge morale
                                  » l’uomo può non obbedire a se stesso
» nell’ordine ontologico la libertà è condizione della moralità (libertà è ratio essendi della morale),
   nell’ordine gnoseologico è la legge morale a costituire il presupposto della libertà (la morale è la
   ratio cognoscendi della libertà) = la legge morale mi rende cosciente che sono libero di seguirla
» se c’è la legge morale che prescrive il dovere, ci deve essere la libertà (“devi, dunque puoi”)
» mentre in natura vige il determinismo, ma l’uomo, certo della legge morale, scopre di essere libero di
   sottrarsi al meccanicismo delle inclinazioni sensibili
» osservazioni » il postulato si colloca su un piano diverso dai primi due postulati
 » pur non sapendo cosa sia la libertà si è certi della sua esistenza
 » per l’anima e Dio, non siamo certi né di cosa siano né che esistano (sono solo bisogni)
 » la felicità è condizione dell’etica, mentre l’anima e Dio sono condizioni ipotetiche (pur
    razionalmente fondate) affinché la morale trovi una realizzazione negata in questo mondo
 » solo i primi due sono considerati postulati in senso forte
-    Soluzione della terza antinomia cosmologica
» perché allora classificare la libertà come postulato?
» perché l’idea dell’uomo come capace di autodeterminarsi non può essere scientificamente affermata
» il mondo fenomenico si regge sul principio di causa-effetto, ma questo risulta non valere per l’azione
   dell’uomo, che altrimenti sarebbe santo » l’uomo compie azioni che avrebbe potuto non compiere
» questa è la soluzione della cosiddetta “aporia della libertà”
» una stessa azione può essere determinata in quanto accadimento del mondo sensibile e anche libera in quanto atto morale » nel mondo fenomenico vige il determinismo
» nel mondo noumenico c’è posto per la libertà
» uomo » in quanto appartenente al mondo fenomenico è soggetto alla legge fisica (non può trasgredire)
             » in quanto appartenente al mondo noumenico è soggetto alla legge morale (può trasgredire)
» con questa concezione libertà e determinismo possono coesistere
-    Il primato della ragion pratica
» è la prevalenza dell’interesse pratico su quello teoretico e il fatto che la ragione ammette proposizioni
   che non potrebbe ammettere nel suo uso teoretico
» tuttavia i postulati di Kant non valgono come conoscenze
» Pietro Chiodi: il primato della ragion pratica non significa che essa ci può dare ciò che la ragione
   teoretica ci nega, ma essa ci dà la ragionevole speranza dell’esistenza di Dio e dell’anima immortale
» se questa speranza fosse intesa come certezza razionale, il mondo morale ne uscirebbe distrutto
» se i postulati fossero certezze dimostrate la morale scivolerebbe verso l’eteronomia e sarebbe ancora la
   religione a fondare la morale e non il contrario
-    Il rovesciamento del rapporto tra morale e religione
» Kant rovescia il modo tradizionale di intendere il rapporto tra morale e religione
» non sono le verità religiose a fondare la morale ma è la morale a fondare le verità religiose
» Dio non sta all’inizio e alla base della vita morale, ma alla fine, come suo possibile compimento
» l’uomo non ha bisogno della religione perché è sostenuto dalla ragion pura pratica, ma d’altronde la
   morale conduce inevitabilmente alla religione
-    Il dualismo della dottrina kantiana
» con la teoria dei postulati Kant non elimina l’autonomia dell’etica ma la integra con una “fede razionale”
» Kant delinea qui un dualismo che spezza la realtà e l’uomo in due
» da un lato il mondo fenomenico della scienza, dall’altro il mondo noumenico dell’etica
» da un lato l’uomo fenomenico delle inclinazioni naturali, dall’altro quello noumenico della libertà e del

   dovere » la consapevolezza di questo dualismo muove la Critica del giudizio