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mercoledì 8 luglio 2015

TEMA MATURITA' 2014 - Traccia D e svolgimento

TRACCIA

TIPOLOGIA D - TEMA DI ORDINE GENERALE

«Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l‟energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli. C‟è bisogno di una gigantesca opera di rammendo e ci vogliono delle idee. […] Le periferie sono la città del futuro, non fotogeniche d‟accordo, anzi spesso un deserto o un dormitorio, ma ricche di umanità e quindi il destino delle città sono le periferie. […] Spesso alla parola “periferia” si associa il termine degrado. Mi chiedo: questo vogliamo lasciare in eredità? Le periferie sono la grande scommessa urbana dei prossimi decenni. Diventeranno o no pezzi di città?» Renzo PIANO, Il rammendo delle periferie, “Il Sole 24 ORE” del 26 gennaio 2014 Rifletti criticamente su questa posizione di Renzo Piano, articolando in modo motivato le tue considerazioni e convinzioni al riguardo.


«Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l‟energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli. C’è bisogno di una gigantesca opera di rammendo e ci vogliono delle idee. […] Le periferie sono la città del futuro, non fotogeniche d’accordo, anzi spesso un deserto o un dormitorio, ma ricche di umanità e quindi il destino delle città sono le periferie. […] Spesso alla parola “periferia” si associa il termine degrado. Mi chiedo: questo vogliamo lasciare in eredità? Le periferie sono la grande scommessa urbana dei prossimi decenni. Diventeranno o no pezzi di città?»
Renzo Piano, Il rammendo delle periferie, “Il Sole 24 ORE” del 26 gennaio 2014

Rifletti criticamente su questa posizione di Renzo Piano, articolando in modo motivato le tue considerazioni e convinzioni al riguardo.


SVOLGIMENTO

« Le periferie sono la città del futuro, non fotogeniche d’accordo, anzi spesso un deserto o un dormitorio, ma ricche di umanità e quindi il destino delle città sono le periferie.»
È illuminante questa intuizione di Renzo Piano, famoso architetto che vede l’origine dello sviluppo nella ricchezza di umanità, più feconda nelle periferie cittadine, in quanto essa è messa maggiormente alla prova dalle condizioni sfavorevoli e quindi stimolanti.
Per essere d’accordo con le sue parole mi basta vedere un video di hip hop dance su youtube,ricordandomi che questa ricchissima corrente culturale è nata da alcuni ragazzi del Bronx, il quartiere più malfamato di tutti gli Stati Uniti, che con la danza volevano dimostrare al mondo di esserci. Oppure posso guardare qualche foto su internet dell’Africa,periferia del mondo, in pessime condizioni di vita, di igiene, di nutrizione, oppressa da ininterrotte guerre, impregnata del sangue dei martiri cristiani; eppure come non riconoscere le riflessioni ed il movimento che          quella periferia sta generando nell’avanzata Europa? Per dargli ragione mi basta accendere la televisione, e vedere migliaia di profughi sbarcare a Lampedusa, periferia d’Italia, stremati dal viaggio ed avendo abbandona tutto per un futuro incerto; eppure come non stupirsi dei volontari che vi accorrono, delle opere di carità nate dai loro bisogni, della disponibilità del nostro Stato? Ma anche solo aggirandomi per il Giambellino, periferia della mia Milano, vedo più extracomunitari che italiani, i rifiuti sulla strada, e mi sento ben poco al sicuro; eppure come non essere radicalmente meravigliati dall’esistenza di questa scuola che frequento, nata dalla volontà di un privato, oasi nel deserto di questo quartiere, dove tanti studenti crescono ed imparano?

Le periferie di Renzo Piano, però, sono quelle viste con occhi da architetto, sono periferie fisiche, sono quartieri, sono edifici.
Papa Francesco, invece, nel 2014, in un discorso simile ha richiamato tutti noi a dirigerci verso le «periferie esistenziali dell’umano», ampliando così lo sguardo di Renzo Piano, sebbene sia vero che spesso queste due tipologia sono strettamente connesse. Ma cosa sono queste periferie esistenziali? Ci sono alcuni autori che ce lo hanno mostrato, perché in esse loro hanno colto un valore ed una bellezza essenziali.

Nella loro comune ironia lo scrittore Giovannino Guareschi ed il cantautore Enzo Jannacci hanno intuito un forza, una profondità negli uomini di periferia, negli esclusi, in uomini che per tutti non valgono un soldo.
Basta ricordare l’episodio di Giobà, personaggio del Mondo piccolo di Guareschi, lo scemo del villaggio ma che si rivela un potenziale vincitore dei quiz televisivi; egli non accetta nessuna offerta a chi gli propone di partecipare allo show per vincere denaro, non si piega al potere che gli dice come usare la sua conoscenza, affermando così la propria dignità. E chi non sa la nota canzone di Jannacci “El purtava i scarp del tenis”, che descrive un povero barbone, l’emarginato per antonomasia, eppure il medico milanese ci mostra che anche lui si innamora.
Ma già prima nella letteratura troviamo autori appassionati alla realtà che per il distratto è banale. Baudelaire, per esempio, non è colpito solamente dal “mondo piccolo” degli emarginati, dei poveri, ma ricerca i “fiori del male” in tutta quanta la realtà, come in vecchiette dallo sguardo di ragazzine oppure perfino le rotaie del treno possono essere il luogo del manifestarsi istantaneo di un’intuizione di luce, di senso. Anche Verga non si lascia commuovere dalla condizione delle classi povere siciliane, come ne I Malavoglia, ma anche dalla dispersione che osserva negli strati più alti della società, come testimonia la prefazione al Ciclo dei vinti, in cui esprime il progetto di analizzare il «meccanismo delle passioni umane» a tutti i livelli sociali.


Tutti noi siamo periferia, ci dice Verga, eppure ci abbandoniamo ad un crudo sguardo di disprezzo o di miope indifferenza davanti a ciò che vediamo banale, davanti alle persone, ormai date per scontato, che incontriamo per strada, a lavoro, a casa. Quante volte guardo mio padre così, il mio povero padre, un uomo di periferia, di periferia esistenziale, un uomo sempliciotto che si accontenta di poco, da cui pretendo qualcosa che non è. Quanto io stessa sono una periferia, e tu «lettore ipocrita, mio simile, mio fratello», come scrive Baudelaire, non sei anche tu un quartiere abbandonato in questo mondo di confusione e distrazione? Chi siamo per essere notati da una massa indifferente? Chi siamo noi per essere considerati da qualcuno? Semplicemente siamo. Ci siamo, ognuno di noi c’è e, come dice Renzo Piano, siamo «ricchi d’umanità». È questo, in fondo, l’invito del papa: educhiamo il nostro sguardo ad accorgerci del valore di ciò che c’è, ma che viene dimenticato o sottostimato. È possibile farlo! Se osservi attentamente vedrai che fiori piccini nascono nelle crepe degli aridi muri; proprio nel punto di maggiore fragilità, lì il seme s’insinua.