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lunedì 27 gennaio 2014

MOSAICO DELLA CATTEDRALE DI OTRANTO - compito

“Sul pavimento musivo della cattedrale di Otranto domina, sovrana, l’idea del bene e del male, della città di Satana e della città di Dio. Esse si basano e sono caratterizzate da due amori diametralmente opposti: amore di sé fino al disprezzo di Dio, amore di Dio fino al disprezzo di sé.” (Gianfreda). Motiva l’affermazione dello storico dell’arte alla luce di quanto raffigurato nel mosaico di Otranto.

Nel libro De Civitate Dei sant’Agostino vede l’umanità divisa in base a due modalità di vita contrapposte, che si generano da due amori diversi: da una parte la “città celeste”, l’insieme cioè di chi vive per Dio, destinato alla redenzione, dall’altra chi invece è destinato alla dannazione eterna per un “amore sé fino al disprezzo di Dio”, per riprendere le parole di Gianfreda. Queste due realtà non sono fisicamente incontrabili, ma sono individuabili nel cuore dell’uomo: due forze che si combattono ogni giorno dentro ciascuno. Lo stesso Pantaleone non distingue in maniera netta i “buoni” dai “cattivi”, non immediatamente individuabili nell’insieme vivace del pavimento musivo, specchio della realtà quotidiana in cui è difficile distinguere facilmente il bene dal male.  
Troviamo infatti il cavallo rampante, figura della tentazione e delle passioni sfrenate, ai piedi degli atleti, che raffigurano la situazione sulla terra del cristiano, in perpetua lotta con il male, protetto dallo scudo della fede in Cristo, armato dello Spirito Santo. Ai piedi della vigna in cui Noè ed i suoi tre figli stanno lavorando, c’è la frenetica costruzione della torre di Babele. Vediamo vicine la colomba che torna da Noè stringendo nel becco il ramoscello d’ulivo, simbolo della riconciliazione tra uomo e Dio, e il corvo intento a divorare carne umana, simbolo del peccato incallito e perseverante nonostante la purificazione del diluvio. È quasi un alternarsi di bene e male per tutta la lunghezza del mosaico.
L’artista quindi ci mostra sempre un esempio negativo e ci propone contemporaneamente la strada del cristianesimo, modello per una vita positiva volta al bene, una porta che non viene mai chiusa. Porta che nel mosaico l’uomo cinto da un perizoma custodisce (quella del paradiso terrestre), dopo la cacciata di Adamo ed Eva, nella fascia del mosaico più prossima all’abside. L’uomo tiene in mano un bastone che richiama la forma della croce di Cristo oppure la lettera tau che veniva segnata in una persona in alcuni riti penitenziari: per l’uomo la possibilità di redimersi c’è, e passa attraverso il rinnegamento di se stesso fino al dono totale di sé (come Gesù si donò sulla croce). La stessa fascia centrale contenente lo Zodiaco testimonia il lavoro, scandito in una dozzina di sequenze, una per ciascun mese dell’anno, come espressione di preghiera e strumento di espiazione dal peccato rendendosi partecipe dell’opera creatrice di Dio.
Pantaleone ribadisce la possibilità per l’uomo di scegliere il male, attraverso gli esempi negativi tratti sia dalla Bibbia che dalla storia della letteratura antica e cristiana, mostrando però che la vera libertà si ha nel scegliere il bene per sé. Infatti ben altro rispetto al lavoro presentato nelle dodici ruote dello Zodiaco è quello per la costruzione della torre di Babele: simbolo della superbia intesa nel senso dantesco. Dante nel Purgatorio colloca i superbi (canto X) tra coloro che amano troppo se stessi (verrà esplicitata la struttura punitiva del purgatorio nel XVII canto), perdendo di vista la propria dipendenza da Dio, per cui la propria persona assume un valore maggiore a ciò che è realmente. La stessa Bibbia racconta come gli uomini, costruttori della torre hanno voluto darsi da sé un elemento di unione che non fosse Dio ma qualcosa creato dall’uomo.
Davanti al mosaico di Pantaleone, il fedele è provocato da tutti gli esempi negativi ed i modelli positivi ad usare la sua stessa libertà, a mettersi in gioco in prima persona nella decisione e sequela di ciò che vuole scegliere per la sua vita: l’errore dell’eresia (dragoni che vengono calpestati dalla figura quadricorporea), la lussuria e la violenza (diluvio universale), la superbia (torre di Babele), la tentazione (corvo carnivoro), il rifiuto della propria dipendenza (Adamo ed Eva), la gelosia (Caino), la sfrenatezza delle passioni (cavallo rampante). Oppure l’affidamento totale di sé (Noè), il sacrificio (Abele), la pace (colomba), il lavoro non come punizione ma come possibilità di compiere la natura dell’uomo, che è rapporto con Dio e quindi con il creato (Zodiaco), la completa dedizione di sé per Dio nel perseguire il grande ideale (Parsifal). Questa strada non è proposta come illusione, tanto che non vengono escluse le difficoltà e la necessità di avere delle certezze che superino queste difficoltà, di essere cioè armati come dei combattenti (gli atleti). Non viene censurata neanche la necessità di avere qualcuno da seguire, proponendo come guida la Chiesa (figura quadri corporea, arca di Noè dove l’uomo è salvo), via per la pace, affiancata dall’Impero (Alessandro Magno), con il compito di dare sicurezza al cammino, spianare la strada della Chiesa verso Dio dagli ostacoli.

È stupefacente trovare nel tentativo di Pantaleone le stesse domande dei tragediografi antichi, specialmente Eschilo: prova del sincretismo medievale che rilegge in chiave cristiana la storia dell’uomo e della sintesi che Pantaleone opera nelle scelte e nella struttura del pavimento musivo. Infatti il messaggio che trapela nella maggior parte delle tragedie di Eschilo è la possibilità per il singolo di scegliere per sé un cammino di colpa o di giustizia; ricerca quindi la responsabilità del peccato nell’uomo, nel suo libero arbitrio, e non identificare la colpa in una figura divina o in una tendenza al male ereditaria davanti a cui l’uomo è impotente.

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